Cara Monica e tutto il team de “Il nostro posto”, vi scrivo perche’ ho visto un articolo su di voi su Business Insider on-line in cui viene riportato che state raccogliendo le storie dipersone della nostra generazione che faticano con il mondodel lavoro in Italia o sono partiti all’estero.
Innanzitutto complimenti per l’iniziativa, da tanto tempo pensavo che ci volesse qualcosa di simile, ma non sono mairiuscita io stessa a prendere l’iniziativa di cominciare. Io sonoCecilia, di Roma, partita per Genova a 19 anni per studiareBiologia Marina. Quando avevo 19 anni per me l’estero era la possibile meta emozionante di qualche stage, un Erasmus, magari una tesi di dottorato, un’esperienza come un altra per rendere piu’ emozionante la mia potenziale carriera di biologache mi preparavo ad intraprendere. A 24 anni mi sono laureata alla specialistica e mi e’ statoproposto un contratto di 6 mesi nel laboratorio di EcologiaMarina nel quale mi ero laureta perche’ ero brava. Mi sembrava di aver sfondato, che tutte le fatiche dei cinque anni(fra triennale e specialistica) passati a studiare stavanofinalmente ripagando e che era solo l’inizio. Presto mi sonoresa conto che pero’ a quel contratto di 6 mesi non se ne sarebbero succeduti altri, che le proposte di dottorato in Italia erano praticamente nulle, in particolare se se ne cercavano con borsa di studio (ebbene si anche noi dottorandi paghiamol’affitto, le bollette e facciamo la spesa). Cosi’ ho cominciatoa cercare all’estero e mi sono accorta che avevo bisogno diformarmi ulteriormente per quello che volevo fare. Ho trovatouno stage a Ravenna di tre mesi e nel frattempo ho cominciatoad inviare curricula per dottorati e master all’estero. Al termine del mio stage a Ravenna sia il professore di Genovache il professore di Ravenna mi hanno proposto di partecipareal bando di dottorato presso le loro universita’, nel frattempopero’ avevo ottenuto una borsa di studio per un master in Scozia. Facendo fatica a fare una scelta dissi ad entrambe cheavevo bisogno di pensare se volevo restare o partire e daentrambi ottenni la stessa risposta “Non pensarci, sei hai unaborsa per partire parti, tu sei brava e questa opportunita’ per andare all’estero non devi perderla”. Cosi’ mi ritrovai ad essere incoraggiata a lasciare l’Italia proprio da coloro cheerano disposti ad investire sulla mia bravura che idealmenteavrebbe dovuto un giorno accrescere la ricerca italiana. Ilpunto era che loro lo sapevano gia’ che in Italia per fare ricerca devi fare fatica, ed erano pronti ad aiutarmi ad alleviarla quella fatica, ma se potevo proprio evitarmela con l’opportunita’ di andare all’estero secondo loro era megliofarlo. Perche’ l’Italia ormai da tanto tempo e’ questo, un paesedove se si viene apprezzati si viene incoraggiati a partire, a portare le proprie capacita’ altrove, in una rassegnazione totaleverso l’idea che tanto questo paese non potra’ mai permettersid’investire sui suoi cittadini. Cosi’ sono partita per la Scozia, dove sono rimasta per 5 anni. Inutile dirlo emigrare all’estero per quanto promettente, belloed emozionante, e’ faticoso. Durante il master a causa dellalingua e del metodo di studio completamente diverso dovevolavorare il doppio degli studenti anglosassoni, e mi sonoritrovata in fretta a passare tutte le notti e tutti i fine settimanaa studiare per ottenere voti decisamente bassi nonostante glisforzi che mi sembravano sovrumani...io...che in Italia non eromai rimasta indietro di un giorno e che avevo sempreviaggiato fra il massimo dei voti. Nonostante il costanteaccumulo si frustrazione e di fatica alla fine dell’anno riusciilo stesso ad ottenere il massimo dei voti e a vincere il bandodi dottorato che mi ha fatto restare altri 4 anni in Scozia. Quello che ho imparato in questi 5 anni di vita scozzese e’ chese arrivi come straniero lo resterai per sempre, che vivereall’estero ti da tante possibilita’ che in Italia non ci sono, chela vita e’ piu’ semplice, ma se cominci ad avere problemianche al lavoro (che e’ l’unico motivo per cui molti di noi siorganizzano per vivere all’estero), allora diventa logorante e troppo faticoso. Dopo il dottorato sono tornata in Italia completamente sfibratadall’emigrazione e decisa a rimanere e per sei mesi ho cercatolavoro in Italia, ma senza successo. Cosi’ alla fine ho inviatoun curriculum in Francia, dicendomi che il problema forsenon era l’estero ma la Scozia. Per un anno e mezzo ho vissutonel Nord della Francia per un post doc che si e’ conlcuso due mesi fa. Per quanto l’esperienza francese sia stata molto piu’ positiva di quella scozzese, quando il contratto stavagiungendo al suo termine mi sono resa conto che non sareipotuta rimanere neanche li. Solo all’idea di dover cambiare dinuovo citta’, ricominciare una vita sociale da zero, o dovercambiare paese, dover imparare un’altra lingua, diventarestraniero in un’altra terra un’altra volta, sentivo unastanchezza e un’angoscia fortissime attanagliarmi. Cosi’ ho capito che c’era qualcosa che non andava, che forse era inutile sforzarsi, che forse io ero una di quelle che aveva bisogno ditornare a casa, per quanto questo ritorno sapesse in certimoment di fallimento, di debolezza, di sconfitta. Ovviamentele ricerche di lavoro su suolo natio si sono rivelate inutili e cosi’ ho preso il coraggio a due mani e in nome di un benessere emotivo ho deciso di tornare lo stesso e sacrificareil benessere economico che mi aveva sempre garantitol’emigrazione. A 32 anni torno a casa, a Genova dove tutto ha avuto iniziododici anni fa, senza un lavoro nella ricerca, ma un lavoro dacameriera part time e la costruzione di un progetto dicomunicazione scientifica messo su con due amici anch’essiprecari e disoccupati. Ricomincio da zero perche’ moltosemplicemente mi sono stufata di vivere lontana dagli affetti, dalla mia terra, sono stufa di sentirmi un’ospite, a volte non voluta, di dover trovare le forze tutti i giorni di ricordarmi chequella fatica la sto facendo per me, per la mia carriera. Cosi’ la mollo per ora quella carriera e ricomincio da zero, chissa’ che non ne esca qualcosa di meglio dell’emigrazione. Dopo due mesi di ritorno a casa posso confermare che quelcalore, quella sensazione di appartenenza e di conforto chesperavo di trovare tornando, le ho effettivamente trovate. La cosa che non mi aspettavo pero’ e’ di riscontrare una scissionetotale nella reazione delle persone al mio ritorno: c’e chi semplicemente dice “hai fatto bene, se stavi male dovevitornare” e chi invece mi guarda basito, mi dice che non capisce, che lui/lei vogliono partire e io non mi rendo conto diquello che ho fatto. Il punto che vorrei sottolineare e’ proprioquesto, io mi rendo conto benissimo del paese in cui sonotornata, del suo inesorabile declino sociale e politico che sonomolto piu’ irrefrenabili di quando sono tornata, mi rendoconto che “qui non c’e’ lavoro”, mi rendo conto che “non sivede una soluzione all’orizzonte” e me ne rendo conto perche’ lo sapevo gia’ prima di tornare. Io sono tornata senza illusionie credetemi questo e’ il motivo per cui questo ritorno mi ha tenuta sveglia innumerevoli notti, sono ben consapevole diaver reso precaria la mia gia’ precaria esistenza e so che tuttoquell poco che sto cercando di costruirmi probabilmente non mi aprira’ nessuna alternativa reale e tempo sei mesi, un anno dovro’ ricominciare da zero. Pero’ c’e’ una cosa che vorreidire a tutti coloro che mi guardano come una bambina viziatae che questo estero agognato dicono di invidiarmelo: prima ditutto sappiate che l’estero e’ li’ fuori e vi attende, se lo voletedavvero basta partire, ci sono poche scuse che tengano. Secondo sappiate che la mia storia non e’ una storia assoluta, ho molti amici che all’estero hanno trovato la loro pace, il lorobenessere, la loro nicchia di vita comoda. Io non l’ho trovata e allora permettetemi di cercarla tornando. Cecilia Pinto
2 Commenti
14/7/2017 07:33:00 am
Cara Cecilia, il tuo scritto mi ha fatto sentire la solidarietà con la tua dignità e il tuo coraggio. Ti abbraccio con molto affetto insieme a Danila ciao Ceci. Speriamo di abbracciarti presto in concreto ! Alberto
Risposta
Angela
16/7/2017 05:17:29 am
Bellissima storia Cecilia. Voglio dirti questo: non sei sola, affatto. E forse pian piano qualcosa sta cambiando, o per lo meno c'è chi crede che qualcosa bisogna pur farla per cambiare questo Paese.
Risposta
Lascia una risposta. |
Autore
Monica Montenegro, 28 anni e mezzo, segni particolari “inquietudine”. Sul curriculum un ultimo lavoro da stagista legale. Lei vorrebbe seguire i suoi sogni, vorrebbe anche scrivere e cercare #ilnostroposto…quello dove nessun ragazzo si sente escluso o non all’altezza delle sue aspettative. Archivi
Giugno 2017
Categorie |