Tempo fa mi fu chiesto da Monica di raccontare la mia storia di “migrante”, di come dal Sud Italia mi sia trasferita a Milano, delle ragioni che mi hanno indotto a prendere questa decisione. Ma tempo fa non ero davvero pronta a parlare, perlomeno non in maniera serena, ero troppo dentro la mia esistenza fatta di impegni, di responsabilità, di programmi di un’agenda così fitta di cose e mai di pensieri. E soprattutto ero troppo piena di rancore. Poi ci sono tornata al Sud e per qualche giorno ho chiuso l’agenda e ho aperto gli occhi, mettendo a fuoco. Per davvero. Sono andata via da Paestum (è così che si chiama il mio paese di origine), perché la moda era ed è una mia passione, e Milano, si sa, è la città per antonomasia dove poter trasformare questa passione in un lavoro. Le esperienze sono state tante e mi hanno condotto verso la strada dell’imprenditoria e ho scoperto che non è facile guadagnare per assicurarsi una vita dignitosa. È un problema grave questo, che investe tutti, noi giovani, certo, ma anche di chi si avvia verso una vecchiaia che aveva immaginato diversa, placida, riposante, dopo una vita di sacrifici. Perché questo è il punto: ci hanno convinto, qui in Italia, che il SACRIFICIO debba essere il solo atteggiamento possibile per ottenere il diritto alla SOPRAVVIVENZA. Sacrificare le radici e gli affetti, dai quali allontanarsi per guadagnarsi un lavoro “altrove”, con cui sacrificheremo il tempo utile da dedicare alle radici, agli affetti. Un tempo che non ci verrà restituito. Chiarisco un punto: non è sbagliata la scelta di chi va via dalla propria terra d’origine per andare a prendersi il proprio destino, ma l’impossibilità della scelta di restare, questo è certamente sbagliato. Nel nostro paese non ci è consentito il sacrosanto permesso di scegliere tra una serie di opzioni asteriscabili, perché di opzioni non ne esistono. Dobbiamo andare via e non potremo più tornare, per una QUESTIONE MERIDIONALE ancora tristemente in atto, e andremo a Nord, dove il futuro si rivelerà un cappello da cui pescheremo illusioni, che ci hanno spacciato per conquiste. Il Sud mi manca, mi manca come l’aria, e il fatto di non potere neppure immaginare una vita lì, a causa di colpe non mie, mi deprime. Tuttavia, qualcuno di molto saggio ha detto che il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo siamo noi e chissà che io non riesca a mettere in moto la macchina di un SACRIFICIO UTILE per un CAMBIAMENTO FELICE. Chiara Mandetta
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Monica Montenegro, 28 anni e mezzo, segni particolari “inquietudine”. Sul curriculum un ultimo lavoro da stagista legale. Lei vorrebbe seguire i suoi sogni, vorrebbe anche scrivere e cercare #ilnostroposto…quello dove nessun ragazzo si sente escluso o non all’altezza delle sue aspettative. Archivi
Giugno 2017
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