Cara Concita scrivo a te come si scriverebbe ad un amico d’infanzia emigrato a fare l’ingegnere informatico negli States dopo ogni suo “Aggiornami sulle novità!”. Ho letto l’articolo “Liberi di nascere, liberi di morire”, le parole di Monica sulla creatività tradita di noi giovani e accolgo il suo invito a rivendicare #ilnostroposto. Lo accolgo in maniera del tutto controcorrente, oserei dire, visto che ad oggi l’hashtag più surreale da facebookite è senza dubbio #ilovemyjob. Salvo poi scoprire in the real life contratti di lavoro improbabili e mansioni corrispettive sempre sotto la media, per non rischiare di far sentire inferiore il boss di turno. Ho 29 anni, 30 verso la fine di quest’anno, non ho un contratto a tempo determinato/indeterminato, non ho un compagno, non ho figli, né casa né auto di proprietà. Figlia della generazione Erasmus, voucherdipendente, mi muovo di continuo grazie a Flixbus e Ryanair. Insomma, tutto davvero a rigor di statistica! Salentina di nascita ma cittadina del mondo acquisita, sogno ancora una terra dove qualcuno possa rispondere a seguito dell’invio di un cv, mandare un feedback dopo un colloquio o, addirittura, anche deliberatamente decidere di darmi l’opportunità di diventare ciò che vorrei tanto essere. All’età di 18 spaventata dal mondo e rassicurata dalla tiepida vita di provincia decido di intraprendere l’università a soli 50 km da casa, ben presto però di ritorno da sei mesi di baldoria sull’isola di Cipro mi rendo conto che sarà assolutamente necessario continuare il mio percorso di laurea magistrale da perfetta fuori sede. La vera me nasce proprio in questo periodo e in questo posto a cavallo tra le Marche e l’Emilia Romagna, dove all’età di 25 anni divento una giovane e promettente dottoressa in Comunicazione e Pubblicità per le Organizzazioni. Avrei voluto fare tanto altro, ma questa resta ad oggi una tra le scelte più illuminanti che abbia mai fatto in vita mia. Materia vituperata, vilipesa e bistrattata la comunicazione ma altamente inafferrabile, un po’ come me! Con la laurea in una mano e tanto ottimismo nell’altra, sulla scia dell’ultimo decennio pugliese, cavalco l’onda dei milioni di euro di incentivi pubblici messi a disposizione dalla nostra regione per i giovani di provenienza proletaria e parto per un master all’estero, per un anno, in Polonia. Un master in Turismo e organizzazione di eventi che mi ha dato l’opportunità di un super stage all’Ente Nazionale del Turismo Polacco, all’ottavo piano di un grattacielo nel centro di Varsavia. Con un po’ di Europa in saccoccia torno in Italia, e più esattamente in Puglia e più esattamente in provincia di Lecce, ricca di numerose aspettative e anche miracolosamente convinta che avrei vestito i panni del nuovo Gandhi. Scopro però ben presto - a dispetto di tante beneamate illusioni - che nel Bel Paese il mondo della meeting industry è già decisamente full. Figli dei figli dei figli già in lista: senza lauree attinenti né passaporti, pronti a far da segretari o event assistant - che fa più figo - ai padri dei padri dei padri. E attenzione (errore che ho pagato con il sangue, amaro!) a pronunciare meeting industry con la giusta intonazione oxfordiana perché altrimenti per te, chicca, non c’è posto nemmeno per un tirocinio Garanzia Giovani retribuito - chissà quando - 400 euro al mese fuori sede e senza alloggio in un buco di piffero chedavveroteloraccomandoperandarciinvacanza. Figuriamoci per andarci a vivere! Dopo diversi tentativi decido dunque, riacquistata un attimo di lucidità, di cancellare qualsiasi tipo di traccia che richiami anche solo lontanamente a questo magico mondo di cinquantenni impauriti ormai sull’orlo dell’epilogo – fatte salve rarissime eccezioni – e torno a concentrarmi su ciò che solo un anno e mezzo prima mi aveva talmente entusiasmato da farmi credere che tornare a Lecce, in provincia di Lecce, sarebbe stata una bellissima idea. Ad oggi mi occupo di comunicazione, social nel dettaglio, perché tanto quello che conta più o meno per tutti in questo tempo è saper scrivere duetrecose da pubblicare ogni tanto su Facebook e poi fa niente che hai studiato comunicazione, tanto se non lo vuoi fare tu con i voucher - che a volte presi da uno slancio di ottimismo chiamiamo con termini un po’ più aulici - stai tranquilla che “il fratello dell’amico di mio cugino è bravissimo a scattare foto e quindi me le pubblica lui duetrecose ogni tanto, non ti preoccupare!“ Serena Merico Presente sul blog: invececoncita.blogautore.repubblica.it/lettere/2017/03/18/ilnostroposto-della-generazione-voucher-dipendente/
0 Commenti
Lascia una risposta. |
Autore
Monica Montenegro, 28 anni e mezzo, segni particolari “inquietudine”. Sul curriculum un ultimo lavoro da stagista legale. Lei vorrebbe seguire i suoi sogni, vorrebbe anche scrivere e cercare #ilnostroposto…quello dove nessun ragazzo si sente escluso o non all’altezza delle sue aspettative. Archivi
Giugno 2017
Categorie |